Traguardi

Pothole è una parola dalla rotondità interessante. Nell’autobiografia che sto scrivendo verrà certamente utilizzata come titolo di un capitolo, in riferimento allo sterrato dissestato che è la mia vita: uno sterrato che percorro da quando ho realizzato di occupare un corpo che, se il buon dio non fosse stato un sadico bastardo, sarebbe appartenuto al più lercio dei camionisti anziché a me.

Il mio nome è Lorytrav e sono ad un punto di svolta.

Presto la mia mano si appesantirà su quella gelida maniglia e, facendolo, aprirà la porta che mi chiude in questa claustrofobica stanza. Attraverserò il percorso che mi separa dall’asta di un microfono e la folla si alzerà nell’attesa di un discorso che, pur essendo in preparazione da anni, richiede una certa dose di improvvisazione: le mie labbra si muoveranno ma non un filo di voce ne verrà fuori.

Questo il mio timore… L’ansia matta di vedere i miei sforzi annientati da una timidezza che non riuscirò a superare mai completamente e poi sprofondare sotto il peso della colpa, del sentirmi stupida, inadatta.

Ho speso un capitale nell’acquisto di libri di crescita personale e mindfulness. La mia libreria ne conta centotrenta eppure, in quest’occasione così dannatamente importante, fatico disperatamente per ricordare un solo, fottutissimo, titolo.

Mi guardo attorno alla ricerca di una distrazione, un pretesto per non pensare alle persone fuori che sento vociare. Non trovo nulla in questo posto asettico e allora mi aggrappo al cellulare. Apro Tinder, applicazione che ho installato per semplice curiosità (come scherzo) un anno fa, e do un’occhiata al mio profilo.

Mi rassereno dopo aver riletto la descrizione:

“Laureata con 100 e lode in casiumanologia. Se siete casi umani andate altrove, ne ho abbastanza!!!!! Non ho tempo da perdere. No uomini noiosi! Sono una trav se non l’avete capito.”

Bastano queste poche righe a darmi la carica:
Sono colta, schietta, impegnata e sicura di sé.
Sono dannatamente sexy nel non scendere a compromessi.
Sono quella che prende le decisioni per prima.

O forse non sono nulla di tutto ciò. Forse sono una cacciatrice con il piede tranciato da una trappola per orsi che lei stessa ha posizionato.

NO. NO. NO.

Spengo il telefono e volgo lo sguardo verso la scrivania.

Su di essa è poggiato il copricapo portafortuna che da sempre mi accompagna e che indosserò per l’esibizione. Pur essendo costellato di brillanti da due soldi, ha un valore inestimabile per ciò che rappresenta.
Su di esso è montata un’impalcatura di fil di ferro che si sviluppa a raggiera dove ogni raggio è formato da due fili intrecciati. In ogni cruna ho incollato la radice di una piuma di pavone.

Una piuma per ogni volta che ho pianto per amore: un ricordo a me stessa di come la bellezza vinca sempre, anche sulla sofferenza e la delusione… La bellezza salverà il mondo!

Ed eccomi: sono pronta! Mi carico!

Sono una stella!
La più lontana,
irraggiungibile,
che sia visibile
ad occhio umano!

La crisalide esplode.

SONO UN ANGELO
CHE COMMETTE PECCATO,
E LO FA CON ARROGANZA.

Abbasso la testa per poggiarvici il copricapo e mi alzo con fierezza.

SONO IL PIANETA GIOVE E
SONO L’INSCINDIBILE ATOMO.

Apro la porta ed esco.

In questo mondo che
fortissimamente desidera
che io sia la merda…

BENE! IO SONO LA MERDA
MA SONO ANCHE L’AMORE!
SONO L’AMORE INVINCIBILE.

SONO
DI
VI
NA

Il pubblico è in piedi, sbigottito, qualcuno penso sia addirittura oltraggiato dal mio aspetto così appariscente in un contesto così inutilmente formale.

Afferro il microfono e lo avvicino alla bocca:

“Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. AMEN”

I parenti del defunto sembrano spaesati, sono forse le uniche persone mute in una chiesa brulicante di atei e credenti. Il brusio è assordante e mi impedisce di parlare, pur disponendo di una considerevole amplificazione.

Siamo qui per commemorare la vita e la morte del caro FabEHI COSA STAI FACENDO

Non riesco a terminare il nome: un uomo palestratissimo (probabilmente l’amante del morto) mi blocca con l’intenzione di trascinarmi lontano dall’altare e io mi dimeno con forza nella vana speranza di divincolarmi. Nel farlo il cappello casca sul pavimento danneggiandosi.

Allora io grido, grido a squarciagola, grido attraverso le crepe dei miei sogni infranti:

BASTARDIIII! SIETE E RIMARRETE DEI TROGLODITI DI MERDAA! STATE ROVINANDO TUTTOOO! IL MIO FUNERALEEE!

Ma il vocio copre le urla.

Quindi il padre novantenne del trapassato si alza, fa per avvicinarsi – gli occhi iniettati di sangue – ma i suoi intenti ostili vengono frenati dall’attrito di un arresto cardiaco.

Il cuore smette di battere ed è lì, nell’istante della sua morte, che la stessa libreria che eludeva la mia memoria si manifesta davanti agli occhi con nitidezza quasi fotografica.

…E finalmente scorgo a chiare lettere uno dei titoli che mi hanno reso la persona che sono.

Un libro a cui devo tutto.

Quel libro che, senza ombra di dubbio, mi ha salvato la vita.

La copertina si dissolve.

Cristo piange sulla croce.